CHIRURGIA DELLE VARICI


Attilio Cavezzi,
Servizio di Patologia Vascolare
Casa di Cura Stella Maris, S. Benedetto del Tronto (AP)


La terapia delle varici degli arti inferiori è solitamente di tipo chirurgico quando queste sono alimentate da una incontinenza della v.grande safena (VGS), della v.piccola safena (VPS), della v.safena anteriore o se si tratta di una recidiva post-chirurgica. A fronte di un trattamento chirurgico, negli ultimi anni la scleroterapia ecoguidata ha conquistato nuovi spazi nella cura delle varici ( l'ecoscleroterapia è proponibile in prima istanza, secondo molti autori, nella VPS e nelle recidive), ancor più in virtù della introduzione della mousse sclerosante. Di pari passo la chirurgia ha comunque affinato le proprie valenze estetiche, divenendo meno invasiva, assumendo connotati di conservatività e quindi in definitiva risultando concorrenziale con la sclerosi anche in caso di varici minori (quali quelle non alimentate da una incontinenza della VGS o VPS, o addirittura in presenza di varici reticolari).
Dall'integrazione di queste due forme di trattamento può scaturire verosimilmente la migliore, pur perfettibile, terapia per la malattia varicosa, che deve sempre e solo essere modulata sulla realtà anatomo-lesionale del/la paziente. Questo approccio terapeutico non può prescindere da una diagnosi accurata e l'eco-doppler o, meglio, l'eco-color-doppler (ECD) costituisce lo strumento ideale per raggiungere una diagnosi adeguata, guidare il gesto terapeutico e monitorare l'arto trattato nel corso degli anni; in questo modo l'ECD, protagonista della rivoluzione in flebologia, può in definitiva validare o meno le possibili (ed eccessivamente numerose allo stato attuale) terapie per l'insufficienza venosa superficiale.
Nell'ambito del trattamento chirurgico lo stripping safenico (o safenectomia) costituisce l'intervento di scelta in caso di incompetenza di VGS o VPS.
Studi recenti e meno recenti hanno delineato come lo stripping corto, o meglio limitato al solo segmento safenico refluente, possa costituire l'approccio più congruo; difatti il reflusso che interessa l'asse safenico, nella quasi totalità dei pazienti non riguarda la parte più periferica (III distale di gamba) della VGS o VPS.
Fra le metodiche di stripping, quella per invaginazione (eseguita nella nostra esperienza su stripper in plastica) appare la più rispettosa dell'integrità dei tessuti nervosi e linfatici peri-safenici, con i migliori requisiti di estetica e di emostasi.
Nell'ambito del primo tempo della safenectomia, vale a dire quello della crossectomia (sempre e solo allargata e inclusiva di tutti rami collaterali della crosse e con legatura raso alla vena femorale comune o alla vena poplitea), si propone con frequenza crescente (per affinamento e maggiore precocità della diagnostica strumentale) il caso di incontinenza safenica in assenza di un reflusso proveniente dalla v.femorale comune (o dalla v.poplitea). A fronte di una tale condizione emodinamica (varici da incontinenza safenica, con crosse continente), l'atteggiamento chirurgico può essere più o meno conservativo e può in casi selezionati prevedere la CHIVA 2 (e cioè la legatura del ramo varicoso raso alla VGS e l'asportazione delle varici mediante flebectomia); una tale tattica prevede l'astensione da qualsiasi gesto chirurgico sulla giunzione safenica e sul tronco safenico (quando ciò risulti indicato), ma solo studi duraturi e controllati potranno in futuro fornire alla comunità scientifica una maggiore chiarezza in tal senso.
Il completamento dello stripping safenico è tipicamente affidato alle flebectomie per mini-incisioni (tecnica ideata da Muller), dalle notevoli valenze estetiche ma anche dalle grandi potenzialità di radicalità .
La metodica della flebectomia, basata su incisioni di 1-2 mm, nella nostra esperienza eseguite talora con ago 18G (quindi senza alcuna cicatrice evidente a 7 gg.), è in grado di effettuare una exeresi di varici di calibro rilevante, in modo estensivo, completo e con risultati a distanza estremamente interessanti. Il tempo chirurgico della flebectomia è eseguito per i rami collaterali safenici o intersafenici (quasi mai sulla VGS o VPS), isolatamente o contestualmente all'intervento di safenectomia, laddove quest'ultimo sia previsto.
Un ultimo rilievo sulla tattica e tecnica chirurgica concerne l'approccio alle vene perforanti (VP). Queste strutture, oggi notevolmente ridimensionate nel loro ruolo patogeno (vedi i vecchi e nuovi rilievi clinico-strumentali di Bjordal, Franceschi ecc.), possono essere semplicemente asportate (almeno in parte) con la flebectomia e torsione-rottura associata, prevalentemente senza necessità di legatura (quest'ultima praticata solo per VP di calibro notevole) . Molte delle VP distali di gamba hanno inoltre una prevalente (o esclusiva) funzione di rientro, per cui il gesto chirurgico dovrebbe orientarsi verso una mini-invasività in tal senso (la SEPS, legatura sottofasciale delle VP per via endoscopica, nella varicosi primaria appare a dir poco spropositata ed anacronistica nella stragrande maggioranza dei casi…).
Un'ulteriore riflessione di rilievo concerne il ruolo determinante dell'anestesia locale (per infiltrazione sottocutanea), artefice della conversione della chirurgia delle varici da trattamento costoso e che prevedeva una degenza ospedaliera (anche di alcuni giorni), in terapia mini-invasiva eseguibile in regime di day-hospital (day-surgery).
Nella nostra esperienza la totalità dei pazienti può deambulare regolarmente entro 1-2 ore dall'intervento ed oltre il 95 % degli stessi pazienti può beneficiare di un ricovero fra le 6 e le 12 ore al massimo, con successivo rientro a domicilio, ove buona parte delle attività quotidiane è permessa nella stragrande maggioranza dei soggetti.
Questo risultato è reso possibile anche in virtù dell'utilizzo di una tecnica anestesiologica (mepivacaina dallo 0,25% allo 0,4% secondo le varie opzioni) locale pura per infiltrazione o locale assistita (in casi sempre più rari nella nostra pratica quotidiana).
Quale tecnica necessaria ed insostituibile nell'immediato post-operatorio, la elastocompressione eccentrica positiva mediante bendaggio multistrato, o mediante tutori elastici specifici (STRUVA 35mmHg ®), contribuisce in maniera significativa al conseguimento dei risultati prefissati, minimizzando ulteriormente i rischi di complicanze post-operatorie.
Questa tipologia di chirurgia "di giorno" per le varici degli arti inferiori riassume in sé tutti quei caratteri di sicurezza, mini-invasività, economicità ed ergonomictà che la medicina di oggi richiede, incontrando i favori della stragrande maggioranza dei pazienti.
In conclusione si può sottolineare l'importanza e la validità di un tale approccio chirurgico integrato, sulla base di una evoluzione delle tecniche diagnostiche e anestesiologiche, del rapporto costo-beneficio, nell'ottica di una doverosa radicalità del gesto chirurgico e nel rispetto massimo dell'integrità estetica dell'arto.

 

    



     


Home Page