IL LINFEDEMA:
APPROCCIO FISIOPATOLOGICO E DIAGNOSTICO
Cavezzi
A., Jakubiak I., Cavezzi-Marconi P., Indignozzi M., Rossi M.
Servizio di Patologia Vascolare, Clinica "Stella Maris", S.Benedetto del Tronto
(AP)
pag. 321-22, Abstr. XXVII Congresso Naz.le SIMFER, giugno '99, Chia (CA)
Il linfedema degli arti costituisce una patologia piuttosto frequente, di riscontro
molto più comune di quanto generalmente ritenuto, vuoi per la sottostima diagnostica,
vuoi per le attuali limitate possibilità terapeutiche e quindi il ridotto interesse
per una malattia sostanzialmente parca di soddisfazioni per il medico ed il
paziente, quindi per molti versi negletta.
Qualsivoglia forma di edema degli arti è riconducibile fondamentalmente a: I)
un eccesso di apporto di fluido all'interstizio (edema cardiaco, renale, da
flebopatia ecc.), II) un deficit di drenaggio linfatico (linfedema propriamente
detto).
L'edema linfostatico a sua volta riconosce in una alterata capacità organica
(insufficienza linfatica meccanica), funzionale (insufficienza linfatica dinamica,
da sovraccarico), o in una co-presenza di entrambe queste alterazioni del sistema
linfatico (linfedema da alterata "valvola di sicurezza") la sua possibile
eziopatogenesi.
Trattandosi di una patologia di un sistema vascolare deputato al riassorbimento
di fluidi ad elevata concentrazione di proteine, il linfedema si differenzia
dagli altri edemi degli arti inferiori (flebedema puro, edema da insufficienza
cardiaca, renale, ecc.) per il suo maggior contenuto di macromolecole proteiche
(edema iperproteico). Ciò rende ragione della progressiva e deleteria fibrosi
del linfedema che si ritrova anche nella classificazione di questa patologia
cronica, progressiva e fortemente invalidante.
In dettaglio dal I al V stadio si è soliti distinguere la gravità del linfedema
in base alla reversibilità o meno dell'edema con il decubito supino, alla sua
sempre minore improntabilità alla digitopressione, alla sempre maggiore compromissione
della funzione neuro-muscolare dell'arto, sino alla deformazione elefantiasica
ed atrofia muscolare del V stadio (a rischio per degenerazione neoplastica e
infezioni con sepsi).
Nell'ambito diagnostico per il linfedema, accanto all'anamnesi, ricca di dati
importanti per un corretto inquadramento della patologia (primitiva o secondaria?),
si è soliti riservare all'esame clinico il compito di porre la diagnosi definitiva
nella stragrande maggioranza dei casi. Laddove possibile l'esame linfoscintigrafico
perfeziona e dirime i casi dubbi o passibili di un trattamento fisico-riabilitativo,
o chirurgico mirato.
Recentemente l'introduzione di alcune metodiche strumentali, fra cui l'eco-color-doppler
(di grande fruibilità e affidabilità diagnostica nella gestione di un arto edematoso),
la linfangiorisonanza magnetica e la TC, ha contribuito al miglioramento della
comprensione di molti quadri di linfedema, affinandone le conoscenze scientifiche
e i risvolti clinico-pratici dellla terapia.
Così si evince dall'esame di un arto inferiore o superiore edematoso come la
stasi linfatica possa associarsi a quella venosa (flebolinfedema), vedi la sindrome
post-trombotica, o possa riscontrarsi nell'edema post-traumatico, nell'edema
da ridotta funzione della pompa muscolo-vascolare plantare-polpaccio ecc...
Molte, e spesso subdole, sono comunque le forme di insufficienza linfatica alla
base degli edemi degli arti nel campo fisiatrico, da cui scaturisce l'importanza
di un approccio diagnostico-terapeutico in questi pazienti che sia mirato al
miglioramento del drenaggio linfatico: così il linfodrenaggio manuale in primis
e le associabili forme di trattamento fisico-riabilitativo (elastocompressione
con bendaggi e calze-bracciali, pressoterapia sequenziale, esercizi anti-stasi)
vengono a costituire una sinergia terapeutica di fondamentale importanza.
Da ultimo, ai fini del conseguimento e mantenimento dei risultati auspicati,
nell'ottica sempre di un protocollo globale ed integrato fisiatrico-vascolare,
si è soliti trattare sempre il linfedema anche mediante farmaci benzopironi
( la cumarina sotto forma di estratto di meliloto in primis) e, con indicazioni
specifiche selettive, mediante terapia chirurgica (microchirurgica derivativa
o ricostruttiva), eseguibile solo in centri specializzati.
Relazione
presentata al Congresso Naz.le SIMFER, Cagliari 1999