Il
ruolo dell'eco-color-doppler
nel linfedema degli arti
Attilio
Cavezzi
Servizio di Patologia Vascolare
Casa di Cura "Stella Maris"
San Benedetto del Tronto (Ap)
Sommario
Nella diagnostica del linfedema degli arti la metodica eco-color-doppler (ECD),
pur sempre accanto ai preziosi rilievi clinici e linfoscintigrafici, sta conquistando
spazi crescenti. L'esame ECD può fornire dati morfologici (soprattutto) e funzionali
circa le vie linfatiche, i linfonodi e dati inerenti ai tessuti affetti dalla
linfostasi.
L'accuratezza dello studio ECD del circolo venoso (spesso coinvolto nella genesi
dell'edema), nonché di altre cause edemigene (cisti, aneurismi ecc.) fa di questa
metodica non invasiva, ripetibile ed affidabile un complemento strumentale molto
utile per la gestione diagnostico-terapeutica del linfedema. Esistono comunque
dei limiti per questa tecnica, così legata alle possibilità tecnologiche (ancora
in evoluzione) e all'esperienza dell'operatore.
Introduzione
La diagnosi di linfedema dell'arto inferiore o superiore è essenzialmente di tipo
clinico, cioè basata sulla semeiologia angiologica e linfologica classica e su
una accurata anamnesi. Ciononostante, alcune metodiche strumentali, più o meno
invasive, sono state correntemente utilizzate negli ultimi 40 anni, al fine di
una migliore precisazione del quadro patologico linfostatico e per una terapia
più mirata.
Accanto alla metodica contrastografica della linfografia, oggi pressoché caduta
in disuso, la linfoscintigrafia in primis e recentemente la linfangiorisonanza
magnetica hanno conquistato spazi importanti nella acquisizione di dati morfologici
e funzionali nelle malattie del sistema linfatico.
Nell'ambito delle arteriopatie e delle flebopatie, sono state invece le metodiche
ultrasonografiche ad operare una vera e propria rivoluzione nel percorso diagnostico-terapeutico,
in virtù della loro progressiva evoluzione e del loro perfezionamento.
Dalla prima tecnologia doppler sino agli odierni apparecchi eco-color-doppler
(ECD), muniti di power-doppler ed eventualmente arricchiti dall'utilizzo dei mezzi
di contrasto ultrasonografici, la diagnostica per ultrasuoni si è resa sempre
più insostituibile e di enorme fruibilità, arrivando a costituire il cardine diagnostico
nell'ambito delle vasculopatie artero-venose.
Negli ultimi anni questa forma di tecnologia ha lentamente iniziato a diffondersi
anche nel mondo della linfologia, pur fra numerose difficoltà tecniche oggettive
e nella consapevolezza dei limiti entro cui l'esame ECD può muoversi.
A fronte di strutture linfatiche di dimensioni ridotte e contenenti un fluido
in lentissimo movimento, la capacità diagnostica dell'ultrasonografia nelle linfopatie
è stata da subito orientata verso le strutture tissutali dell'interstizio (più
o meno ingorgate di fluido stagnante), verso l'individuazione di ectasie linfatiche
(quando possibile) e adenomegalie, nonché rivolta alla precisazione del quadro
anatomo-funzionale dei vasi arteriosi e venosi dell'arto.
L'utilizzo dell'ultrasonografia (duplex-scanner o ECD) nell'approccio diagnostico
ad un linfedema dell'arto superiore o inferiore è tuttora soggetto a revisioni
e aggiornamenti, proprio in virtù della esperienza ancora limitata con queste
metodiche nel campo dei disordini del sistema linfatico. Nonostante la sua recente
introduzione nel versante linfologico, le potenzialità proprie di questa metodica
appaiono anche in questo ambito di un certo interesse.
L'esame ecografico, o meglio eco-color-doppler, è in grado di apportare dati morfologici
(e funzionali?) utili nella gestione di un arto linfedematoso, sia nell'ottica
puramente diagnostica (la diagnosi differenziale con molte patologie edemigene
risulta grandemente facilitata), che nell'ambito dell'orientamento e monitoraggio
della terapia e del follow-up del paziente. Va inoltre ricordato come questa metodologia
non invasiva, ripetibile e affidabile possa risultare di valido ausilio anche
ai fini scientifici e speculativi, come già riportato in numerosi studi della
letteratura linfologica internazionale (1, 2, 3).
Metodologia, possibilità e limiti
La metodica ECD nell'arto linfedematoso segue una procedura per molti versi sovrapponibile
a quella applicata nello studio delle malattie arteriose e venose (4, 5).
La sonda preferenzialmente utilizzabile dovrebbe avere una frequenza piuttosto
alta (7,5-10 MHz), sebbene frequenze di esplorazione ancora più elevate (13-20
MHz), peraltro attualmente di limitata diffusione e applicazione, possano venirci
incontro per una migliore definizione del quadro morfologico. È pur vero che nella
pratica quotidiana le classiche sonde di "superficie" sono in grado di rispondere
bene alla stragrande maggioranza delle esigenze dell'operatore. Quale ulteriore
supporto tecnico utile alla investigazione degli strati più superficiali della
cute e sottocute, giova ricordare l'opzione del distanziatore da applicare sulla
sonda, secondo necessità contingenti.
Mediante una attenta, meticolosa e puntuale valutazione ecografica degli strati
cutanei e sottocutanei, sovra-fasciali e sotto-fasciali, è possibile innanzitutto
assumere informazioni di tipo morfologico; successivamente il modulo color-doppler,
eventualmente power-doppler, può evidenziare i flussi artero-venosi della sede
in esame.
Lo studio ecografico delle porzioni dell'arto interessate da un edema linfatico
può prevedere una serie di misurazioni e rilievi specifici (6); più in dettaglio,
è possibile una valutazione quali-quantitativa del tessuto sopra-sotto-fasciale,
mirata ad una serie di rilievi, quali quelli qui di seguito riportati.
1) Risulta di fondamentale importanza rilevare la presenza di accumuli di fluido
nei tessuti (già da alcuni studi definiti "laghi linfatici"), la loro sede, estensione,
conformazione e la loro depressibilità con la sonda.
Ai fini del monitoraggio della eventuale terapia, o semplicemente per seguire
nel tempo l'evoluzione di un quadro di linfedema, può essere utile calcolare la
distanza esistente fra la fascia superficiale (e/o profonda) e il derma, così
da quantizzare l'entità dello strato edematoso in punti di repere prestabiliti
(per esempio dorso del piede, perimalleolare ecc.); a questo proposito si segnala
la utilità di valutare con attenzione gli spazi "vuoti" residui post-ciclo terapeutico,
risultando utile per il medico e il terapista determinare lo spessore di tessuto
divenuto esente dall'accumulo di fluido, tessuto quindi passibile di compressione
esterna (manuale e fisica) per evitarvi il reinstallarsi dell'edema.
2) È utile ricercare l'esistenza di tessuto fibrotico, costituente la componente
non liquida del linfedema, iperecogena e poco o nulla influenzabile dalle compressioni
ab estrinseco; una eccessiva rappresentazione di detta fibrosi tissutale depone
spesso per un linfedema, se di linfedema si tratta, di vecchia data o comunque
che presenterà verosimilmente una risposta minore alla terapia fisico-riabilitativa,
farmacologica o chirurgica.
3) Una possibile ectasia dei principali collettori linfatici dell'arto, quando
individuabili (con difficoltà e non sistematicamente) costituisce un rilievo occasionale.
Quest'ultimo reperto non risulta di facile evidenziazione, vuoi per la oggettiva
complessità tecnica di una tale ricerca, vuoi per la frequente ipoplasia, agenesia
(o ablazione) e involuzione fibrotica dei tronchi linfatici principali in caso
di linfedema di un arto; più spesso il tronco linfatico può essere visibile in
sede peri-safenica e/o iuxta-linfonodale, ad esempio in casi di sindrome post-trombotica,
edema post-traumatico, comunque laddove il linfedema è frutto di un eccessivo
carico del sistema linfatico.
Un'indagine ECD degli arti inferiori, in caso di edema, non può prescindere dalla
eventuale slatentizzazione di flebopatie da reflusso e/o ostruttive coesistenti.
La specificità e sensibilità di questa metodica diagnostica nelle malattie venose
costituiscono oramai un dato acquisito, essendo divenuta la stessa, per molte
delle flebopatie, il "gold standard" di riferimento. Da quanto sin qui esposto,
si evince come nella gestione di un paziente affetto da un arto edematoso la valutazione
ECD del sistema venoso profondo e superficiale sia in grado di indirizzare qualsivoglia
gesto terapeutico (farmacologico, chirurgico-scleroterapico, elastocompressivo)
con grande precisione ed efficacia.
L'edema dell'arto inferiore o superiore può risultare dovuto ad una serie di flebopatie,
tra cui ricordiamo la trombosi venosa profonda (TVP), soprattutto se ad insorgenza
acuta, la sindrome post-trombotica (da reflusso, ostruzione o di tipo misto),
un ostacolato deflusso venoso (da compressione, da alterata pompa muscolo-vascolare
plantare-polpaccio ecc.); o infine la stasi venosa edemigena può riconoscere la
sua causa principale nelle varici da incontinenza safenica, soprattutto se avanzate.
La stessa metodica ultrasonografica è utilizzabile in prima istanza in altri quadri
di linfostasi, come ad esempio nelle forme angiodisplasiche, quali la sindrome
di Klippel-Trenaunay o di Parkes-Weber, caratterizzate da un edema veno-linfatico
e presentanti talora fistole artero-venose lungo l'arto. In questi pazienti la
precoce identificazione delle suddette anomalie vascolari può rendere il percorso
diagnostico-terapeutico, altrimenti complesso, più mirato e quindi facilitato.
Ugualmente interessante, anche ai fini del monitoraggio terapeutico, è l'approccio
ultrasonografico nel flebo-linfedema post-traumatico, sia in fase acuta che cronica.
Il drenaggio linfatico manuale (DLM) può, infatti, costituire in questi casi una
delle forme di trattamento più efficace e i rilievi ECD possono mirare e seguire
il ciclo terapeutico.
In presenza di un linfedema è nota la importanza del riscontro di eventuali linfoadenomegalie,
ed ancora una volta l'esame ecografico ben si presta per una simile ricerca. Mediante
scansioni biplanari nelle sedi proprie (regione inguinale, ascellare, poplitea
e via discorrendo) è, infatti, possibile individuare un incremento volumetrico
dei linfonodi costituenti le stazioni linfoghiandolari di cui sopra. Attraverso
questo rilievo ecografico è possibile di conseguenza orientare uno screening diagnostico
volto ad escludere patologie infettive, tumorali o di altra origine; con questo
tipo di precisazione il linfedema dell'arto sarà inquadrabile più congruamente,
secondo la sua natura primitiva o secondaria, sino eventualmente alla individuazione
della causa scatenante della stasi linfatica.
L'investigazione ECD nell'arto linfedematoso può portare, ancora, alla scoperta
di reperti direttamente o indirettamente collegati alla patologia linfatica. Fra
i riscontri più o meno occasionali, possiamo ricordare la presenza di una cisti
del poplite o dei ventri muscolari, integra o presentante gli esiti di una sua
rottura; in questo specifico caso una flebo-linfostasi secondaria, in situ o periferica
rispetto alla lesione, è un elemento patologico possibile e spesso di subdolo
significato clinico.
Altrettanto causali di flebo-linfostasi possono risultare un aneurisma venoso
o arterioso, soprattutto popliteo, o una compressione muscolo-legamentosa sul
fascio vascolare popliteo (riscontro, quest'ultimo, più frequente di quanto ipotizzato
in passato), o succlavio-ascellare (vedi la sindrome dello stretto toracico superiore).
Ugualmente in presenza di un versamento endoarticolare l'esplorazione mediante
ECD è in grado di evidenziare il versamento stesso, fornendo elementi utili all'inquadramento
diagnostico e terapeutico del relativo edema reattivo localizzato.
Sempre nell'ambito delle varie forme di linfedema degli arti, giova ricordare
come in letteratura siano comparsi dati inerenti la localizzazione ecografica
della filaria (parassita in grado di causare una vera e propria elefantiasi, tipicamente
a latitudini extraeuropee) entro gli stessi vasi linfatici, e il corrispettivo
trattamento sotto guida ecografica (7).
Quanto all'utilizzo dell'ECD nel linfedema secondario dell'arto superiore post-mastectomia,
è esperienza comune il riscontro di piccole o grandi anomalie di deflusso venoso
dell'arto in tali pazienti. Dopo una exeresi mammaria con linfoadenectomia loco-regionale,
si può riscontrare un semplice ostacolato deflusso venoso dell'arto superiore
(anche posizionale...., per cui le manovre dinamiche dovrebbero sempre essere
incluse nel protocollo d'indagine in questi casi). Addirittura in queste pazienti
mastectomizzate a volte ci si può imbattere in una flebotrombosi profonda in atto,
o più frequentemente individuare delle sequele della stessa TVP, costituite da
esiti trombotici parietali e valvolari succlavio-ascellari (sindrome post-trombotica).
Megret (8) arriva a definire il grosso braccio post-mastectomia un vero e proprio
flebolinfedema, avendo riportato un 60% di alterazioni minori o maggiori del drenaggio
venoso dell'arto superiore dal lato operato. A seguito di queste brevi considerazioni
può risultare più che giustificata una attenta valutazione ECD dell'arto superiore
affetto da insufficienza linfatica-venosa ai fini terapeutici, ancor più in caso
di rapido e inspiegabile incremento dell'edema già esistente (necessità di escludere
una TVP o una sua recidiva ...).
Sempre nell'ottica di una diagnostica differenziale, comunque supportata da un
adeguato esame clinico, la valutazione ecografica da sola è già in grado di riconoscere
un lipedema, apparentemente simile all'edema linfatico, ma da esso differente
per la disposizione, consistenza e altri segni clinici. L'approccio ultrasonografico
mette in evidenza, in questi pazienti, la presenza di tessuto iperecogeno, spesso
disorganizzato, al di sopra della fascia muscolare, ma soprattutto non fa rilevare
le zone anecogene tipiche delle falde di fluido stagnante nel linfedema. In questa
ottica alcuni autori (1, 3) hanno ulteriormente proposto una distinzione fra flebedema
puro e linfedema sulla base della differente localizzazione delle zone ipo-anecogene:
nel primo caso sembrerebbero evidenziarsi solo negli strati più superficiali sovrafasciali,
mentre nella stasi linfatica più frequentemente le lacune a bassa o nulla ecogenicità
sono in sede sovrafasciale più profonda (soprattutto nei linfedemi di una certa
entità), nonché si accompagnano più spesso a trame di tessuto iperecogeno (soprattutto
se il quadro linfedematoso presenta una importante componente fibrotica).
Un caso alquanto specifico di utilizzo dell'ECD nella linfostasi è costituito
dal linfedema ed edema da rivascolarizzazione tipici nell'arto sottoposto a by-pass
femoro-popliteo o femoro-tibiale; in questi pazienti "l'insulto" chirurgico al
capitale linfatico e l'alterata permeabilità della rete capillare (iper-irrorata
rispetto alle condizioni ischemiche antecedenti l'intervento) contribuiscono ad
un edema che ingloba la protesi (o l'asse safenico) e ben si presta all'esplorazione
multifunzionale morfologica ed emodinamica dell'ECD.
Prima di concludere questa disamina sulle possibilità di questa metodica, è possibile
segnalare il ruolo scientifico e speculativo di questa investigazione nell'ambito
delle correlazioni fra sistema venoso e linfatico: oltre a valutare le reciproche
interferenze (i calibri venosi sembrano aumentati nell'arto linfedematoso (9,
10), mentre certamente i vasi linfatici risultano sovraccaricati nella flebopatia
trombotica e post-trombotica), la metodica ultrasonografica permette anche degli
studi accurati sull'interferenza del DLM, della pressoterapia sequenziale o di
altre tecniche terapeutiche sui calibri e flussi venosi.
Nel valutare oggettivamente le potenzialità dell'esame ultrasonografico ECD, un
peso importante va riconosciuto agli innegabili limiti di questa esplorazione;
innanzitutto si tratta di una metodica operatore-dipendente, i cui risultati sono
estremamente influenzati dall'esperienza dell'esaminatore (ancor più in questo
settore). La capacità di risoluzione degli apparecchi più comuni è inoltre piuttosto
limitata, se confrontata con le dimensioni dei vasi linfatici maggiori, tra l'altro
mal distinguibili dal punto di vista dell'ecogenicità rispetto ai tessuti circostanti.
Ancora più complessa, e forse non raggiungibile con le normali sonde, è l'evidenziazione
del flusso entro i vasi linfatici principali. La accelerazione del flusso indotta
dalle manovre manuali (o meccanicamente, farmacologicamente) potrebbe aiutare
in questa ricerca, sinora "infruttuosa".
Conclusioni
La metodica ECD, insostituibile e di fondamentale importanza nella diagnostica
delle arteriopatie e flebopatie, sta affacciandosi quasi timidamente nel mondo
della linfologia. La strada da percorrere appare lunga e irta di difficoltà, soprattutto
tecniche. Il costante perfezionamento tecnologico potrà venire incontro alle esigenze
di una maggiore fruibilità ed affidabilità di questa tecnica di esplorazione nelle
patologie linfatiche.
Oggi possiamo sostanzialmente affermare che dalla complementarità di più metodiche
diagnostiche strumentali, fra cui appunto l'eco-color-doppler, e dal buon utilizzo
degli occhi e delle mani, è possibile far scaturire una gamma di informazioni
morfo-funzionali preziosissime ai fini di un processo terapeutico mirato e il
più efficace possibile.
La cronicità, evolutività, e la sostanziale "incurabilità" del linfedema (come
sostenuto recentemente in alcune pubblicazioni internazionali) impongono d'altronde
uno sforzo diagnostico-terapeutico che richiede la collaborazione di uomini e
mezzi a 360 gradi, anche e soprattutto in una scienza "giovane" com'è quella linfologica.
Bibliografia
1) Franco A, N'Guyen Khac G. Comment explorer les lymphoedemes des membres: interet
de l'écographie-Doppler. Sang. Thrombose Vaisseaux, 1990, 2 / 213-216.
2) Schadeck M. Duplex and phlebology, Ed. Gnocchi, Napoli 1994.
3) Valliant L, Auriol F, Calliens A, Pruvost F, Berson M, Lorette M. High resolution
echography in the diagnosis of lymphoedema, Abstracts of XVIIIth Meeting of the
european group of lymphology, Bruxelles, 6-7 May 1994.
4) Michelini S, Failla A, Santoro A, Puccetti G, Innacoli M. Valutation avec échographie
haute résolution de léeffect du drainage lymphatique manuel et mecanique, The
European Journal of Lymphology and related problems, Vol. 5, N. 20: 126, 1995.
5) Cavezzi A, Michelini S. Il flebolinfedema. Dalla diagnosi alla terapia Bologna:
Ed. Auxilia, 1997.
6) Cavezzi A, Michelini S, Jakubuiak I, Failla A, Moneta G. The role of echodoppler
color in the management of lymphedematous limb, Abstracts XXIII Congress GEL,
Montpellier (Fra) 27-28/6/97.
7) Casley-Smith J e J R. Modern treatment of lymphoedema, L.A.A. Ed., Adelaide
1997.
8) Megret G. L' insuffisance lymphatique des membres superieures en questions,
Ed. Media-Press International, 1996.
9) Cavezzi A, Schadeck M. Venous system changes in lymphedema of lower limbs.
The European Journal of lymphology and related problems, Abstracts XXI European
Congress of lymphology, Roma 1996, Sp Co I, pag. 13.
10) Michelini S, Failla A, Paroni Sterbini G L, Micci A, Santoro A, Valle G. Limb
phlebolymphoedema: diagnostic non invasive approach and therapeutical implications,
The European Journal of lymphology and related problems, Vol. 5, n. 20, pagg.
103-108, 1995.