IL DRENAGGIO LINFATICO MANUALE
IN FLEBOLOGIA E LINFOLOGIA
Dr. Attilio Cavezzi
S.Benedetto del Tronto, Bologna
Il drenaggio linfatico manuale (D.L.M.) o linfodrenaggio manuale è una specifica metodica fisiokinesiterapica dalle molteplici potenzialità ed applicazioni in vari settori della medicina.
Questa tecnica manuale si propone di coadiuvare quello che è il fisiologico drenaggio linfatico operato dal nostro organismo per mezzo della rete capillare linfatica, dei linfangioni e dei vasi linfatici principali.
Nelle affezioni in cui il sistema linfatico risulti organicamente affetto o funzionalmente carente (perchè sovraccaricato), possiamo intervenire per mezzo di questa modalità massoterapica al fine di favorire il ripristino dell'equilibrio micro-macrocircolatorio linfatico (quando possibile).
In sostanza qualsiasi forma di edema (ancor più specificamente l'edema da insufficienza linfatica e/o venosa) riconosce nella saturazione delle possibilità di compenso del sistema linfatico il suo momento scatenante.
Grazie alla rete di vasi linfatici l'organismo umano può infatti rimediare a temporanee e limitate situazioni di "allagamento" del tessuto interstiziale. Laddove l'accumulo di acqua (e spesso anche di proteine) superi le capacità funzionali di questa "valvola di sicurezza", è inevitabile l'instaurarsi di un edema. Gli edemi degli arti generati da un vero e proprio deficit del sistema venoso (flebedema), e soprattutto quelli da patologie del sistema linfatico (linfedema), o di ambedue (flebolinfedema), costituiscono l'indicazione elettiva alla terapia con drenaggio linfatico manuale. Ovviamente meno congrua è l'applicazione del D.L.M. in quadri di edema a genesi cardiaca, renale, epatica o da ipodisprotidemie.
La metodica del linfodrenaggio manuale è nata circa 100 anni orsono quando si iniziarono a praticare dei massaggi rudimentali sulle "gambe gonfie". E' stato con E.Vodder (fisioterapista danese) prima, e con molti altri linfologi (fra cui Leduc, Foldi e Casley-Smith) e fisioterapisti poi, che il D.L.M. ha progressivamente conquistato spazi, consapevolezze scientifiche e dignità terapeutica sempre maggiori nel mondo della medicina.
Le innovazioni tecniche e tattiche introdotte dai vari gruppi sono state tali da configurare modalità di esecuzione di questa metodica piuttosto varie, difformi, ma simili nei tratti essenziali.
Di fatto il linfodrenaggio manuale agendo sull'accumulo di fluido (acqua e proteine in primis) stagnante nello spazio interstiziale, ne permette il riassorbimento e la veicolazione verso sedi adeguate (le stazioni linfonodali di riferimento e infine il torrente ematico). Questa specifica tecnica fisiokinesiterapica agisce anche favorendo l'apertura, o l'incremento della funzionalità, di nuove vie collaterali linfatiche, di anastomosi linfo-linfatiche e linfo-venose (come dimostrato, fra l'altro, da esami linfoscintigrafici).
La terapia dell'edema a genesi vascolare (cioè flebo-linfostatico, ma anche post-traumatico, post-chirurgico, da ipofunzionalità della muscolatura come nei pazienti plegici e in condizioni analoghe) si può basare sul drenaggio linfatico manuale, cercando sempre e comunque di instaurare un approccio terapeutico globale ed integrato; dall'unione di D.L.M., pressoterapia sequenziale, elastocompressione mediante bendaggi e tutori elastici, farmacoterapia (cumarina in primis) e fisiokinesiterapia riabilitativa "antistasi", deriverà un sinergismo positivo con il conseguimento di risultati validi e spesso duraturi (pur con i limti imposti dalla complessità di molte patologie edematose , quali il linfedema avanzato dell'arto inferiore o superiore).
Il terapista che esegue tale tipo di metodica deve necessariamente possedere un bagaglio culturale non indifferente circa la anatomia e fisiopatologia del sistema venoso e linfatico, sulle applicazioni pratiche della tecnica, sulle sequenze possibili e così discorrendo.
L'esecuzione di questo tipo di tecnica massoterapica si basa sostanzialmente su tre tipologie di manualità.
Una serie di manovre è specificamente rivolta alla preparazione delle stazioni linfonodali ed alla attivazione del passaggio linfatico intralinfonodale. Uno spazio importante è poi dedicato alle manualità inerenti il recupero della quota idrico-proteica stagnante nello spazio interstiziale extravasale. Un ultimo tipo di manovre è finalizzato alla mobilizzazione della linfa endovasale verso la stazione linfoghiandolare a cui la stessa linfa afferisce fisiologicamente.
Le manovre, lente e monotone, si eseguono per mezzo di una o due mani, con pressioni ridotte (30-40 mm Hg) sulla cute, esercitando delle compressioni-trazioni prevalentemente sugli strati superficiali cutanei e sottocutanei . La variabilità delle sequenze è estremamente ampia, con una duttilità che accompagna le esigenze contingenti del/la paziente.
Va ricordato come anche la medicina estetica possa fruire del linfodrenaggio manuale, quale arma terapeutica coadiuvante altre metodiche (mesoterapia, ultrasuonoterapia, chirurgia plastica e analoghe) nel trattamento della panniculopatia edemato-fibrosclerotica (o "cellulite"), nonchè di altre patologie affini della cute e dello strato sottocutaneo superficiale.
Al di là dell'effetto anti-edemigeno, al D.L.M. viene riconosciuta una propietà "eutrofizzante" e "sedativa", in virtù della sua azione sul sistema microcircolatorio e neurovegetativo.
Come tutte le terapie, anche il drenaggio linfatico manuale presenta delle controindicazioni, pur rare e di limitato significato. Fra queste ricordiamo le infezioni sistemiche o locali , le trombosi venose profonde e superficiali acute, le neoplasie in fase di metastatizzazione o mal controllate terapeuticamente (su questo argomento la discussione si farebbe comunque lunga, per cui ci si limita in tale occasione a questa brevissima considerazione).
Il medico e il personale paramedico possono di fatto utilizzare questa metodica terapeutica in moltissime occasioni, sfruttandone le grandi potenzialità e conoscendone, per contro, i limiti.
Nell'ambito della flebologia e della linfologia questa tecnica manuale trova una serie di indicazioni, fra loro anche differenti, conseguendo dei risultati comunque positivi, pur dipendenti dalla tipologia della patologia e dalla gravità della stessa.
Le patologie venose possono comportare edema dell'arto inferiore o, più raramente, superiore; in tutti questi casi è oggettivamente utile fruire del D.L.M. per conseguire la riduzione della stasi. Più specificamente in flebologia possiamo individuare una serie di indicazioni elettive al trattamento con il D.L.M.: la principale fra queste è senz'altro la sindrome post-trombotica, con tutti quei quadri clinici di insufficienza venosa cronica variamente intersecati, costituiti da flebolinfedema, dermoipodermite da stasi, distrofie cutanee quali la lipodermatosclerosi e l'ulcera venosa.
Accanto a queste condizioni caratterizzate da una istangiopatia da stasi, possiamo ricordare altre occasioni nella pratica flebologica in cui è possibile applicare con successo il linfodrenaggio manuale. Innanzitutto nella chirurgia delle varici (stripping e/o flebectomie) questa metodica fisiokinesiterapica risulta molto utile nella preparazione dell'arto (se edematoso, lipodistrofico) e soprattutto nella gestione del paziente durante il periodo post-operatorio, quando cioè si mira a ridurre le micro-macro sequele post-intervento (ematomi, celluliti parcellari, edemi localizzati, sintomatologia algica ecc.), accelerandone la risoluzione.
In corso di scleroterapia delle varici alcuni gruppi applicano questa tecnica manuale, quale coadiuvante il trattamento stesso e nell'ottica di una riduzione di alcune sue possibili complicanze (veniti, ematomi endovaricosi, pigmentazioni ecc.).
Decisamente più contrastato è l'utilizzo del D.L.M. in quadri subacuti di varicoflebite e trombosi venosa profonda degli arti inferiori, dove può costituire un'opzione terapeutica complementare, ma secondo modalità di esecuzione molto specifiche.
Nella patologia linfatica, e più specificamente in tutti i casi linfedema, potremmo affermare che il drenaggio linfatico manuale costituisce il cardine terapeutico di qualsivoglia protocollo di trattamento, che deve essere comunque globale e integrato (vedi sopra).
I linfedemi dell'arto inferiore, di tipo primitivo (congeniti, precoci o tardivi), o di tipo secondario (da infiltrazione neoplastica, parassitosi, lesione chirurgica, radioterapia, post-traumatico, da limitazioni osteo-artro-muscolari ecc.), sono routinariamente trattati mediante questa metodica che, agendo eminentemente sulla rete linfatica, permette il recupero della frazione liquido-proteica stagnante e l'attivazione del flusso entro i linfangioni.
Un analogo ruolo di primo piano spetta al D.L.M. in caso di linfedema dell'arto superiore, prevalentemente a genesi post-mastectomia; in questa specifica patologia, sulla scorta di dati anatomo-lesionali (talora mediante bilancio linfoscintigrafico), tale tecnica manuale viene eseguita secondo modalità specifiche e nell'ottica di una attivazione delle vie collaterali residue e di quelle alternative.
Sui quadri linfostatici il linfodrenaggio manuale è in grado di dare nella maggior parte dei casi risultati importanti (talora già dopo 30-40' di applicazione...), sia dal punto di vista oggettivo, che dal punto di vista sintomatologico. Inevitabilmente esistono però alcuni casi di linfedema stadio IV o V, caratterizzati da una elefantiasi e da una drammatica riduzione della funzionalità del sistema linfatico e osteo-artro-muscolare-legamentoso, in cui il miglioramento clinico indotto dal solo D.L.M. è purtroppo limitato.
La cronicità e ricorrenza, talora sconfortanti, di molti quadri di linfedema d'altronde impongono un atteggiamento terapeutico fisico-riabilitativo costante e ciclico nel tempo da parte dell'equipe che si prende cura di simili pazienti; questa metodologia di trattamento si presta alla reiterazione, anche a fini preventivi di dannosissime linfangiti ed erisipele, nonchè a fini psicologici verso soggetti spesso bisognosi di attenzioni specifiche sul piano organico, ma anche di motivazioni e stimolazioni psicologiche costanti.
Il drenaggio linfatico manuale è in definitiva in grado di coadiuvare con incisività le altre varie metodiche terapeutiche in una serie di molteplici affezioni e quadri specifici nell'ambito della flebolinfologia, talora costituendo la terapia di maggior rilievo (vedi il linfedema). La progressiva diffusione della conoscenza e dell'applicazione di questa specifica tecnica fisiokinesiterapica, può dunque arricchire il bagaglio terapeutico a disposizione del medico e del terapista per il trattamento della stasi flebolinfatica, conseguendo risultati molto significativi.
BIBLIOGRAFIA
- Casley-Smith J. and J.R. "Modern Treatment for Lymphoedema", L.A.A. Ed. 1994
- Cavezzi A., Michelini S. "Il flebolinfedema: dalla diagnosi alla terapia", Auxilia Ed. 1997